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Calenda: «Muoviamoci, l’Italia rischia il default. Dialogare con Di Maio? È da sconfitti»

«Dobbiamo darci una mossa, l’Italia è a rischio, non ci sono i tempi per un congresso infinito, posizionamenti tattici, Leopolde e altre amenità. Dobbiamo porre un argine al rischio mortale a cui Lega e 5 Stelle ci stanno esponendo, ed è assurdo dividersi sull’opportunità di discutere con gli autori di questo disastro». Così Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico. Cioè l’uomo che ha innescato nel Pd un acceso dibattito sull’opportunità o meno di superare il Partito democratico.

Calenda, innanzitutto una domanda: il Pd è ancora il suo partito?
«Certo. Penso che occorra costruire qualcosa che vada oltre il Pd ma di cui ìl Pd deve essere parte e promotore, per questo ho proposto di costituire un fronte progressista, repubblicano, chiamiamolo come vogliamo, che sia capace di rappresentare chi vuole rinnovare la democrazia liberale e non distruggerla e tenere in sicurezza l`Italia, ed è molta più gente di quella disposta a votare oggi il Pd».

Lei dice che non si può parlare con chi sta distruggendo il Paese. Eppure Zingaretti vuole dialogare proprio con i 5 Stelle.
«Forse non è chiarissimo a tutti nel Pd che il nostro Paese si sta rapidamente avvicinando all`area di rischio default, perché tra i 350 e 400 punti di spread si aprono scenari che possono portare rapidamente l`Italia a non avere più accesso ai mercati. Rapidamente. Dopo si aprirebbe una prospettiva inaudita di cui pagheremmo il prezzo per anni tutti, e più di tutti i cittadini più deboli. E questa è interamente responsabilità dei Cinque Stelle e di Salvini. Eravamo in una situazione di bonaccia finanziaria, con tutti gli indici positivi: Pil, occupazione, produzione industriale, investimenti e deficit e debito in discesa. Le loro dichiarazioni sull`uscita dall`euro e sui piani B, nonché le promesse folli ci hanno ributtato nell`ennesima crisi, auto provocata questa volta. Su quali basi concrete parleremmo con i Cinque Stelle?».

Però Zingaretti la pensa diversamente ed è l`unico candidato ufficiale alla segreteria.
«Spero che Zingaretti si riferisse agli elettori e non al M5s in quanto tale. Se la linea diventasse quella, il Pd cesserebbe di essere un partito progressista e diventerebbe un partito di sconfitti che cercano di abbarbicarsi a una zattera alquanto precaria».

Anche una parte del sindacato, almeno all`inizio, ha dato l`impressione di voler dialogare con il M5S.
«Sull’Ilva è stato sicuramente così. Dopo 32 incontri tra imprese e sindacati il nostro governo, per chiudere l`ultimo passo della transazione, ha fatto una proposta che prevedeva zero esuberi, posto di lavoro garantito per tutti con gli stessi diritti e stipendio. Tranne la Cisl, i sindacati si sono rifiutati di discuterne, dicendo che non avevamo più la legittimazione per farlo. Hanno impiegato tre mesi per arrivare allo showdown con Di Maio e chiedergli finalmente che cosa intende fare con dopo un`imbarazzante serie di “annullo, non annullo, chiudo, non chiudo” un dubbio peraltro non ancora sciolto. E in questo periodo abbiamo buttato altri 70 milioni di euro, più di quello che hanno recuperato con i vitalizi».

Intanto il Pd ha indetto una manifestazione contro il governo per il 29 settembre.
«Ci andrò. Ma anche in questo caso sarebbe stato meglio unire forze del lavoro, dell`impresa, della società e dell’associazionismo in una grande manifestazione senza bandiere di partito. Da imprese e alcuni sindacati segnali di disponibilità alla mobilitazione sono pure arrivati. Dobbiamo darci una mossa: le persone che hanno una voce pubblica forte nel partito devono coordinarsi e fare un passo avanti: Gentiloni, Renzi, Minniti, Martina, Delrio, Pinotti ma anche Sala e Gori. Parlare con una sola voce forte dopo aver deciso insieme la linea da seguire. E poi fare rapidissimamente il congresso che dia mandato al nuovo segretario di costruire una grande lista progressista che abbia come principi fondanti il fatto che l`Italia deve rimanere una grande democrazia liberale occidentale, rispettosa dei principi dello stato di diritto, saldamente piantata in Europa, legata a un’idea di sviluppo e progresso, certamente da cambiare rispetto agli ultimi trent`anni, ma senza ripiegamenti disastrosi come vorrebbero Lega e 5 stelle».

Lei si candiderà al congresso?
«No, perché penso che il Pd non sia il soggetto che alla fine dovrà presentarsi alle elezioni. Non si tratta di un cambiamento di nome: è necessario un cambiamento di offerta politica e di modo di fare politica. Dobbiamo far nascere il nuovo movimento progressista italiano, un`area larga con una proposta ben strutturata che possa andare da Pizzarotti a Enrico Rossi, da Giovannini a Bentivogli, da Più Europa ai liberali che non vogliono fare la ruota di scorta della Lega. È una battaglia decisiva per l`Italia e per l`Europa, non possiamo giocarla di rimessa».

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