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Martina: per il “nuovo Pd” mille progetti di comunità per rispondere ai bisogni dei cittadini con l’azione

Pubblichiamo stralci del testo del Forum all’Huffington Post al quale ha partecipato il segretario del Pd, Maurizio Martina. Con Carlo Renda, Lucia Annunziata, Alessandro de Angelis e Fabio Luppino.
 
A metà della conversazione, Maurizio Martina anticipa la sua proposta di riforma del Pd. Ospite nella redazione dell’Huffpost, il segretario dem illustra le linee guida del progetto di un nuovo Partito Democratico che parta dal basso, “un Pd utile“.
 
La sfida è realizzare “mille progetti di comunità” in un anno, promossi e coordinati dai circoli diffusi su tutto il territorio nazionale, per mettere il Pd “in mezzo positivamente fra i bisogni e i cittadini”. Una mission sociale, prima che politica. Un Pd che sappia anche “trovare una sua idea di protagonismo sul web”, un fronte su cui finora è risultato inadeguato.
 
Martina affronta anche i temi di più stretta attualità della politica, dalla consolidarsi del blocco sovranista nella maggioranza M5S-Lega che sostiene il Governo alla disgregazione del centrodestra, dalle contraddizioni nelle politiche del Governo all’emergenza razzismo nel Paese.
 

Lei dice che c’è al governo una forza razzista, xenofoba, che si deve alzare la guardia. Tutto bene. Però poi succede, e questa è la novità, che non scatta nel popolo della sinistra che è rimasto nemmeno l’evocazione del pericolo. E nelle zone rosse, in pieno governo gialloverde, perdi e nelle periferie dove era forte il Pci vince la Lega. È l’estinzione della sinistra?

 
Siamo davanti a un punto critico nuovo il rischio che corriamo è altissimo. Vorrei dare il senso della drammaticità del momento. E i tratti di questa novità dobbiamo riconoscerli. Rabbia, frustrazione, paura, solitudine…Nelle classifiche di quello che viene cercato nei motori di ricerca di questo paese ci sono i manuali sulla felicità. Significa molto. Per noi è fondamentale: come tornare a essere protagonisti dei legami sociali, della partecipazione consapevole, del fatto che la gente non si senta sola e rancorosa, che sfoghi questo in comunità e non in autonomia?
 

Come si fa?

 
Per fare questo devi fare innanzitutto promuovere un’idea del futuro del paese. Penso che anche per noi si apra una riflessione su come evolvere, anche nella forma. Approfitto di questa chiacchierata per annunciare che tra un po’ presenteremo fra poco un progetto su questo, perché non siamo all’anno zero.
 

Di che si tratta?

 
Stiamo lavorando alla nostra rete nazionale dei progetti di comunità. La presenteremo fra poco. Il tentativo di mettere in rete esattamente questa idea: i circoli del Pd diventano soggetti di servizio ai bisogni attorno a due grandi assi: la cura della persona e la cura del territorio. Ci sono già ovunque circoli che fanno questo. Penso a Roma a Tor Bella Monaca dove due giovani avvocate fanno lo sportello gratuito per la compilazione della modulistica del Rei, o alla Sicilia dove ci sono circoli che fanno assistenza sociale. Non so se hanno perso meno elettoralmente per questo, ma non è solo una questione di misura del consenso, è il vero cambio di pelle del Pd. Stare vicino ai bisogni delle persone sul territorio. Aprirsi alle esperienze civiche di base, all’associazionismo.
 
La sfida di qui a un anno è ripartire da mille progetti di comunità, dove i nostri si organizzano e organizzano risposte ai bisogni. Per fare rete sociale. A me interessa che il Pd sia soggetto protagonista, perché è il modo più intelligente, propositivo per fare militanza politica: mettiti di mezzo fra bisogni e cittadini e organizza un pezzo della risposta. Il 9 settembre a Ravenna, lanceremo la rete nazionale dei progetti di comunità in una grande assemblea dei circoli.
 

Sta annunciando una riforma del partito?

 
Il Pd non va sciolto o superato. Va riformato profondamente. Il “nuovo Pd” che voglio io parte dai mille progetti di comunità, parte dall’idea che nel territorio SI torni a essere un soggetto che risponde ai bisogni dei cittadini. Con l’azione. Un Pd che è più movimento, più orizzontale e meno verticale. I circoli devono fare non solo tessere, ma progetti di comunità. Se non fai così, qual è la ragione di un circolo oggi? C’è un radicamento statico di una sezione che sta lì, autoreferenziale, con discussioni sono interne, magari verticalissime. È invece possibile un radicamento orizzontale che porta gli iscritti del tuo partito di quella comunità a fare cose. Non so l’effetto elettorale, ma bisogna mettersi in movimento, riorganizzare una funzione muovendo le cose, aggregando persone.
 

Lei parla di rete dei circoli, ma parliamo anche di rete intesa come Internet. Il video di Di Maio sull’aereo ha avuto quattro milioni di visualizzazioni e oltre 100mila like. È vero che la rete è l’humus del grillismo ma è anche vero che i Cinque stelle sono sulla rete e voi no. Non crede che dovreste porvi il problema?

 
Sono numeri impressionanti, sono d’accordo. Bisogna capire intanto raggiunti come. Non nego comunque che si debba trovare una nostra idea di protagonismo nella rete che ancora non abbiamo. Sento tutta l’insufficienza delle lettura che noi diamo di come utilizziamo la rete. Lì si misura l’altra faccia della sfida di cambiamento del Pd, senza snaturarci. Se dovessimo solo scimmiottare quello che fanno gli altri avremmo già perso. Dobbiamo trovare il codice della nostra presenza sulla rete, per raggiungere i cittadini, che sia coerente e non ci snaturi. Le due facce del cambiamento sono da una parte un’idea più orizzontale, più aperta, più civica, che si misura con la sfida dei progetti di comunità e svolge un ruolo da protagonista attivo, la seconda faccia è questa. Organizzare la comunità, mettere insieme soggetti a fare delle cose insieme. La forza di Corbyn in Inghilterra non è solo nella sua capacità dialettica, ma in quello che c’è dietro un movimento che da anni fa questo tipo di politiche. Sia con Alexandria Ocasio Cortez a New York, sia nella storia di En Marche in Francia, ci sono i semi di questo lavoro. In Italia questa mossa di rinnovamento la deve fare il Pd. Il Congresso è questo, poi c’è anche la leadership, che è cruciale, ma se non facciamo prima questo lavoro, non riusciremo a ripartire.
 

Che differenza c’è tra questo modello e i meet up?

 
I meetup mi sembrano esperienza chiuse e spesso conflittuali al loro interno. Noi dobbiamo prendere esempio piuttosto dalle migliori pratiche anche in altri paesi, avere il coraggio di mettere il Pd al servizio. Penso davvero che questo sia lo spirito del Congresso. Se lo interpretiamo come una stagione di cambiamento, come sono i progetti di comunità, è il Pd orizzontale. Poi certo devi avere un segretario, un leader riconosciuto, forte. Sono consapevole che serva. Tutto questo sta in piedi se c’è un popolo e un leader. Non c’è il secondo senza il primo.
 

A proposito di Congresso: si farà prima delle Europee?

Sì, è quello che abbiamo deciso con l’assemblea nazionale.
 
Qui l’intervista integrale.

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