Il Psoe ha vinto perché «Sànchez ha parlato chiaro» sulla questione sociale, sulla Spagna e sull’Europa. E ora, con i voti che ha, «può formare un governo magari con Podemos». Maurizio Martina, ex segretario del Pd, ha festeggiato a Madrid con il leader socialista spagnolo la vittoria di domenica. «Ero lì perché in questo ultimo anno con Sànchez abbiamo lavorato tanto, è stato nostro ospite al forum di Milano a ottobre, nell’agosto scorso ho iniziato con lui un giro di confronto con i leader progressisti europei in preparazione delle elezioni. Sono contento perché l’esito di domenica ci dice molto anche al di là del confine spagnolo».
Cosa ci dice?
«Intanto che c’è uno spazio enorme di lavoro per noi se si rimettono mani, piedi, testa e cuore nella questione sociale. È quello che ha fatto Sànchez in questi mesi, con il coraggio di un riformismo radicale, non timido, non moderato, a partire da giustizia sociale, lotta alle disuguaglianze, donne, giovani, ambiente – e nonostante il suo fosse un governo di minoranza. Il suo è stato un riformismo radicale. Il suo impegno per alzare i salari minimi, le pensioni minime, per nuovi investimenti in salute e formazione, il prelievo sui grandi patrimoni unito a battaglie sulle politiche di genere e per la nuova Europa ci dice che lo spazio dei progressisti è uno spazio di battaglia dove la questione sociale è il cuore della partita e Sànchez l’ha vinta».
In Italia sulla questione sociale hanno vinto Lega e M5s…
«Ma li ora c’è proprio il loro tradimento che si sta compiendo e lo spazio dell’alternativa che dobbiamo costruire noi con grande determinazione e umiltà, attorno alle questioni cruciali del lavoro e del sociale».
Finora gli elettori non hanno dato segni di delusione, almeno nel caso della Lega. Comunque c’è stato un travaso di voti a livello locale.
«Io vedo che c’è un sacco di gente ormai disillusa dalle promesse di questo governo e dalle scelte che sta facendo. Magari sono elettori non convinti ancora dell’alternativa e quindi lì dobbiamo lavorare. Ma quell’attesa di cambiamento raccontata mesi fa sbatte contro la realtà di un Paese che sta facendo enormi passi indietro dal punto di vista economico e sociale. Lì c’è lo spazio per il Pd. Fa bene Zingaretti a parlare di salari».
E M5s vi chiede di redimervi…
«E io chiedo a Di Maio di rassegnare le dimissioni. Non è che abbocchiamo alle provocazioni, lui non sa più dove andare: da tempo c’è una proposta del Pd per i salari minimi».
Crede che quello spagnolo sia un segnale per le Europee?
«Penso sia un voto che può dare modo alle forze progressiste europee per trovare energia per una nuova Europa più sociale, più politica e contro chi vuole distruggerla, come i nazionalisti. La decisione di Sànchez di legare la Spagna a un nuovo europeismo più sociale contro i nazionalisti di casa propria ha pagato, mobilitando tanti giovani che si sono riconosciuti in questo cambiamento».
I giovani sono i più contrari alla Brexit.
«I giovani hanno vissuto il riemergere di pulsioni nazionaliste di destra e i problemi sull’autonomia in Catalogna e hanno riconosciuto in Sànchez la figura più forte per tenere insieme gli interessi delle comunità locali, una visione di Paese e un orizzonte europeo».
Ci sono analogie con le spinte autonomiste in Italia?
«Sono percorsi storicamente differenti. Paragonarle è una provocazione. In Italia dobbiamo affrontare il nodo che questo governo rischia di complicare, di un autonomismo che non può essere venduto – come in parte fa la Lega come separatismo, rischiando di produrre un danno incalcolabile».
