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Pisapia: “L’Ue deve essere riformata ma resta indispensabile”

«L’Europa deve diventare una casa che protegge i suoi cittadini. Il sovranismo è miope, da soli non si va da nessuna parte». Giuliano Pisapia, capolista Pd nel Nord Ovest alle europee, oggi a Genova per un tour elettorale, rilancia l’idea di un’Europa «da riformare ma indispensabile». Se le critiche a Lega e Cinquestelle non mancano, l’ex sindaco di Milano punzecchia anche la giunta regionale di centrodestra. E, sul rapporto con il M5S, è tranchant: «Il dialogo è con gli elettori, con i vertici è chiusa ogni porta».
 

L’Unione europea è spesso percepita dai cittadini come distante dai problemi concreti. Come li si convince che può essere un’opportunità?

 
«In questa campagna elettorale penso che un primo compito sia quello di dire la verità sull’Europa, che ha pregi e difetti, e che necessita di un ripensamento e di un serio processo di riforma. Ma le mancanze sono spesso colpa dei singoli governi. Basta con l’unanimità: Parlamento e Consiglio europeo devono stare sullo stesso piano. L’Europa deve diventare una casa che protegge i suoi cittadini. È sempre più necessario un impegno comune su temi come l’ambiente o l’immigrazione».
 

L’immigrazione dev’essere un tema europeo?

 
«Il tema immigrazione è la prova che da soli non si va da nessuna parte. Per affrontarlo serve un’Europa forte e unita, un sistema europeo comune per asilo, accoglienza e integrazione. Una voce comune sul principio fondamentale che nessuno deve essere mai più lasciato morire in mare. A furia di spacconate e alleanze improbabili, Salvini e Di Maio ci stanno isolando. È sbagliato e strumentale dare la colpa all’Europa quando invece i singoli governi fanno prevalere gli egoismi nazionali. Chi arriva in Italia arriva in Europa».
 

Il Consiglio ligure ha approvato una legge che esclude dai contributi le strutture ricettive che hanno ospitato migranti. Cosa ne pensa?

 
«Ancora una volta si penalizza chi cerca di dare una mano per risolvere il problema. Provvedimenti del genere sono vere e proprie discriminazioni».
 

Il tema del protezionismo e dei dazi è tornato centrale: come si affronta?

 
«Mi è capitato di sentire nel corso di questa campagna elettorale che qualche candidato leghista vorrebbe reintrodurre i dazi anche tra Paesi comunitari. Un’autentica follia, fuori dal tempo e un danno alle imprese italiane. La libera circolazione di persone e merci è uno dei pilastri su cui è fondata l’Europa. Ogni anno il nostro Paese esporta beni e servizi per circa 463 miliardi. L’Europa, con circa 370 miliardi di vendite, circa il 70% del totale, è la destinazione privilegiata. Pensare di affrontare il confronto con Usa e Cina in ottica “sovranista” vuol dire essere miopi e incapaci ai comprendere la posta in gioco».
 

Il porto di Genova è al centro della Via della Seta: come giudica gli accordi con il governo cinese?

 
«La Via della Seta è un tema delicatissimo, gestito per l’ennesima volta malissimo da questo governo. Gli sviluppi di mercato sono da vedersi con favore, a patto che non vi sia un baratto con i diritti dei cittadini italiani. Perché Genova si affermi sempre più quale nodo portuale di riferimento a livello italiano e europeo serve un robusto piano di investimenti infrastrutturali che renda evidente ai mercati la convenienza di far giungere le merci a Genova. Gli accordi con il governo cinese sono positivi se non sono di vassallaggio».
 

Il sottosegretario Siri dovrebbe dimettersi?

 
«Sono un garantiste vero, non a senso unico. Ma in questo caso si trascurano due elementi. Il primo: c’è una decisione definitiva, un patteggiamento, su un reato gravissimo come la bancarotta fraudolenta. E per configurare il reato di corruzione basta che ci sia la promessa di un vantaggio. Il senso di responsabilità dovrebbe prevalere: non si può avere un ruolo così importante in queste condizioni».
 

Il governo durerà?

 
«Sia la Lega che il M5S non hanno altre alternative che governare insieme. Ma su due temi il governo potrebbe cadere: autonomia e flat tax».
 

Anche la Liguria ha avviato la procedura di autonomia. Cosa ne pensa?

 
«Il grosso rischio è avere due Italie, quando c’è già un divario enorme tra Nord e Sud. Sarebbe un danno per tutto il Paese: sono più favorevole a concedere maggiore autonomia alle città».
 

Nel Pd il dibattito sul rapporto con il M5S è aperto: è favorevole al dialogo o a un’intesa con i Cinquestelle?

 
«Bisogna distinguere. Ogni giorno dialogo con gli elettori M5S che non hanno votato a sinistra, con loro il dialogo è indispensabile. Ogni porta è invece chiusa per i vertici M5S che hanno votato in Parlamento per salvare Salvini dal processo e che sono corresponsabili dell’aumento delle diseguaglianze provocate da questo governo».
 

L’anno prossimo in Liguria ci sono le regionali: per competere con il “modello Toti”, cosa deve fare il Pd?

 
«Serve un centrosinistra unito, plurale e aperto alle forze civiche e sociali. Allargare il campo al civismo e all’associazionismo laico e cattolico sempre più sotto attacco da un governo che vede il Terzo Settore come un nemico e non come una ricchezza. Toti si regge su una maggioranza che a livello nazionale non esiste più, tanto è vero che spesso appare più leghista di Salvini. Basta a particolarismi e frizioni che hanno spesso caratterizzato la sinistra o il centrosinistra. Si vince solo se si riesce a unire mondi e storie diverse».

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