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Martella: “La questione editoriale al centro dell’agenda politica”

Andrea Martella, sottosegretario all’editoria, dopo aver varato un pacchetto di misure urgenti inserite nella Legge di Bilancio, sta lavorando a un progetto più organico Edi- toria 5.0 per accompagnare la trasformazione del settore.

 

Calo delle vendite, chiusura delle edicole, contrazione della pubblicità: in questi anni il racconto del nostro mestiere è stato tutto in negativo. Si può immaginare un futuro diverso?

«La crisi del sistema editoriale ha assunto negli ultimi anni una dimensione drammatica. L’intera filiera soffre di problemi strutturali. Se a chiudere è un giornale o un’edicola, a rimetterci è la qualità della democrazia. Eppure ci sono oggi le condizioni per una svolta. Ci sono segnali positivi che dobbiamo saper cogliere, a partire dalla forte domanda di informazione che viene dai cittadini. Innovazione, promozione e consapevolezza del valore del prodotto editoriale sono i punti su cui agire».

 

A che punto è il progetto Editoria 5.0 che dovrebbe accompagnare questa trasformazione?

«In questi mesi abbiamo lavorato per mettere in sicurezza il settore e arrestare la caduta. Ma abbiamo anche posto le basi per un cambio di paradigma. Lo stop ai tagli dei contributi diretti, le risorse per accompagnare i processi di ristrutturazione aziendale, la promozione della lettura nelle scuole sono tutte misure propedeutiche a Editoria 5.0 e cioè a una riforma di sistema che aggiorni, dopo 40 anni, l’intero sistema pubblico di sostegno al settore e che contiamo di presentare a breve».

 

Siamo quindi a una svolta?

«Sicuramente possiamo dire di aver riportato la questione editoriale al centro dell’agenda politica evitando conflitti ideologici e con pragmatismo, agendo in parallelo su più fronti. Penso, ad esempio, alla commissione sull’equo compenso per i giornalisti e anche al tavolo di confronto con le edicole. Tutti tasselli di un unico disegno».

 

In questa rivoluzione digitale in corso quale può essere il ruolo del governo?

«Il governo deve sostenere gli editori che investono in innovazione per offrire ai lettori prodotti editoriali più attrattivi e diversificati. Ma deve anche aiutare la modernizzazione della rete di distribuzione e promuovere la qualificazione della professione giornalistica e la formazione di nuove professionalità. Non a caso ho parlato di Editoria 5.0, perché credo nella necessità di partire dall’infrastrutturazione tecnologica per innescare la ripresa».

 

Quali difficoltà state incontrando?

«Quelle strutturali. Ad esempio il nostro è un Paese che legge poco. Il governo con l’ultima legge di bilancio ha stanziato 20 milioni di euro per la promozione della lettura dei giornali nelle scuole e a giorni sarà emanato il decreto di attuazione. Lavoriamo per affrontarle e quindi per ricostruire un rapporto di fiducia e di collaborazione tra tutti gli operatori del settore».

 

Noi alla Stampa ci crediamo e stiamo partendo per primi. Ma in Italia il «digital first» può avere lo stesso successo che ha avuto in Paesi che godono del vantaggio di lingue universali come l’inglese?

«Nel mondo ci sono milioni di connazionali e il made in Italy è un brand conosciuto e amato universalmente e questo può essere una base anche per l’espansione dei nostri prodotti editoriali innovativi. È. una sfida che prescinde dalla lingua, ma che si concentra sulla qualità e la diversificazione del prodotto editoriale».

 

In questi anni abbiamo lottato a mani legate contro i giganti: come si possono difendere l’editoria e il giornalismo di qualità di fronte agli aggregatori over the top come Google e ai social network?

«Siamo entrati in una fase nuova. Sono ormai proprio gli “Ott” i primi a essere consapevoli dei pericoli che derivano dalla mancanza di regole, penso ad esempio alla lotta alle fake news e all’hate speech. Noi stiamo facendo la nostra parte per quanto riguarda l’adozione della direttiva europea sul diritto d’autore, per la giusta remunerazione del prodotto editoriale e del lavoro giornalistico, e lavoreremo anche in sede comunitaria affinché una parte dei proventi web tax possa essere finalizzata a finanziare il settore».

 

 

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