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Quattro buoni motivi per votare Sì

Il Paese ha bisogno di consapevolezza per votare bene al prossimo referendum, prescindendo dalla fine che farà l’Italicum. Occorre, pertanto, far comprendere ai cittadini come vivranno a seguito dell’esito referendario favorevole. E ancora. Che saranno più uguali di oggi nel godimento dei servizi pubblici e nella percezione delle prestazioni essenziali.
Tra gli altri motivi per votare Sì, ne prevalgono quattro.

 

Il primo riguarda l’introduzione nella Costituzione (art. 118, neo-comma 2) dei principi della trasparenza e della semplificazione, ispirati entrambi al criterio dell’efficienza e della responsabilità degli amministratori. Quel criterio dell’efficienza relazionata alla corretta destinazione dei costi e fabbisogni standard finalmente costituzionalizzati (art. 119, c.4). Un modo per impone alla Pubblica Amministrazione il conseguimento dei risultati più utili alla collettività attraverso provvedimenti amministrativi produttivi di risultato di pregio.

Gli altri tre riguardano la migliore esigibilità dell’assistenza socio-sanitaria, il riordino e la sostenibilità economico-finanziaria delle Regioni, delle Città Metropolitane e dei Comuni.
Un welfare assistenziale degno di questo nome. Ci sarà (art. 117, c. 2, lett. m) una sanità e un’assistenza sociale (quest’ultima sino ad oggi assurdamente rimessa alla competenza legislativa esclusiva delle Regioni) uguale per tutti i cittadini. Un modo perché alcuni di essi non più siano offesi da quelle Regioni incapaci di tutelare la loro salute. Ciò accadrà in quanto la sanità e le politiche sociali diverranno materia statale, da esercitarsi attraverso «disposizioni generali e comuni», funzionali a determinare la concreta e dettagliata portata degli interventi sanitari e/o sociali minimi da garantire alla collettività.

Gli attuali Lea altro non sono infatti che le attività, distinte per tipologia scientifica, assicurate dal sistema pubblico e privato accreditato con il SSR. Un valore che ha rappresentato sino ad oggi un elemento di misura prevalentemente teorico. Le «disposizioni generali e comuni», ben orientate allo scopo dal legislatore statale, costituiranno lo strumento per un loro corretto, concreto e diffuso godimento.

Ciò in quanto potranno fissare le regole invalicabili per garantire lo spessore e i tempi di esecuzione delle prestazioni dovute alla collettività, con consequenziale giustiziabilità del diritto relativo nel caso di sua lesione.
Una finanza pubblica che renda giustizia sociale. Con il Sì si arriverà ad un coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 117, comma 2, lett. e) gestito unicamente dallo Stato, garante di una equa distribuzione delle risorse nel Paese.

La loro determinazione sarà fondata (finalmente) sui costi e fabbisogni standard costituzionalizzati e non più sulla spesa storica, che ha indebolito sempre di più i territori più bisognosi.
Saranno pertanto resi disponibili uguali e ottimali valori di finanziamento vincolato per sanità, Regioni ed enti locali. Agli enti più poveri di gettito fiscale sarà riconosciuta la differenza utile tra ciò che occorre e quanto incassato autonomamente attraverso i tributi. Un modo per assicurare a tutta la Pubblica Amministrazione, diligente nell’esercitare le proprie politiche fiscali, una uguale disponibilità per garantire ai propri cittadini tutto ciò che a loro spetta.

Il riordino degli enti locali. L’esito favorevole del referendum produrrà una soluzione all’appesantimento del sistema territoriale gravato da una sorta di pachidermismo che, a causa dell’eccessiva consistenza di comuni e di partecipate pubbliche al seguito, è divenuto finanziariamente sofferente a tal punto da non assicurare le funzioni istituzionali attribuite. Con la eliminazione delle province, ogni Regione dovrà provvedere al riordino del sistema autonomistico complessivo ed incentivare l’esercizio delle politiche aggregative funzionali a diminuire sensibilmente il numero dei Comuni, ricorrendo soprattutto alle fusioni. Un modo per ottimizzare i costi di esercizio e diminuire i prelievi fiscali sui cittadini.

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