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Minniti: “Tolleranza zero per chi attacca la democrazia”

«Quando ho letto quella frase nel comunicato neofascista, “dichiarare guerra alle idee”, ho agito d’istinto e ho deciso di venire subito qui per dare un segnale molto forte: l’antifascismo e la libertà di stampa sono due capisaldi della democrazia e deve essere chiaro che non sarà tollerato neppure il semplice tentativo di metterli sotto attacco».
 
Il ministro dell’Interno Marco Minniti è arrivato nella sede romana di Repubblica nel pomeriggio di ieri, a poco più di un’ora dal blitz di Forza Nuova sotto la sede del giornale. «La scelta di presentarmi di persona, come avrei fatto con qualunque altro quotidiano minacciato, serve a mettere un punto fermo. Qui c’è un confine che non può e non deve essere superato. E non lo sarà».
 
Ministro, più ancora del blitz in sé, è preoccupante l’idea che un gruppo dichiaratamente neofascista possa parlare di “primo attacco”. Il comunicato di Forza Nuova dice anche: “Roma e l’Italia si difendono con l’azione, spalla a spalla, se necessario a calci e pugni”. Ormai siamo allo squadrismo rivendicato.
 
«Tutto questo, semplicemente, non è tollerabile. La risposta sarà forte. In questo Paese, purtroppo, ci siamo abituati all’abuso delle parole, ma il primo imperativo è proprio scongiurare il rischio che si possa fare l’abitudine a parole e fatti come questi. Ciò che è avvenuto sotto la vostra sede non è una semplice iniziativa di boicottaggio, qui c’è un salto comunicativo e politico: la “guerra alle idee”. Ecco, la democrazia esiste appunto per garantire che le idee di tutti siano tutelate. Non c’è spazio per chi pensa di fame oggetto di guerra».
 
Tra queste idee c’è la nostra campagna per l’approvazione della legge sullo Ius soli, che per la destra italiana è uno spauracchio. E per i fascisti del commando è una «sostituzione etnica».
 
«Sono reduce dal tavolo per il monitoraggio del fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, che si è insediato proprio oggi. Al di là delle legittime opinioni che compongono il dibattito pubblico, la libertà di stampa è ossigeno per le democrazia, le istituzioni, la società. Vorrei fosse chiaro a tutti che, se qualcuno pensa di minacciare questa libertà, magari con uno slittamento progressivo del confine delle provocazioni, sbaglia di grosso. Non lasceremo che si produca un effetto slavina».
 
Salvini, dopo il blitz neonazi di Como, ha parlato di “quattro ragazzi con dei volantini”. E anche Meloni lo ha sminuito.
 

Sottovalutare questi fenomeni è un errore drammatico


 
«La sottovalutazione di questi fenomeni è un drammatico errore, che è stato già commesso in passato ed è stato pagato a carissimo prezzo. Serve da parte del Paese una risposta la più ampia e unitaria possibile. Non è ammissibile l’idea che, ogni qual volta si produce un evento del genere, possa esserci una qualche forma di giustificazione. La giustificazione non c’è».
 
Il timore è che una parte della nostra destra non si limiti a sottovalutare il rischio, ma proprio non lo valuti tale.
 
«Voglio credere che le forze politiche siano capaci di condividere una reazione corale, unitaria, dopodiché ognuno si porrà davanti al Paese con le proprie responsabilità. Vorrei citare II tradimento dei chierici di Julien Benda per ricordare i rischi di un atteggiamento sbagliato».
 
L’Italia è però forse l’unico Paese dove tra le parole d’ordine della destra estrema e quelle della destra di governo c’è un’analogia così forte.
 
«Non sottovaluterei le capacità del Paese di respingere l’estremismo. L’Italia è l’unica nazione ad aver resistito negli anni a un doppio attacco terroristico, da destra e da sinistra, nonché allo stragismo mafioso. E lo ha fatto senza cedere alla tentazione di una sospensione dei diritti fondamentali, non precipitando in uno Stato d’emergenza. Non è poco».
 
Ma perché non perseguire lo scioglimento dei gruppi dichiaratamente neofascisti? Il ministro Orlando si è detto favorevole.
 
«Nessuna strada è preclusa, ma il dovere delle istituzioni democratiche è la qualità della risposta, oltre che la quantità. Gli scioglimenti avvenuti in passato, da Ordine nuovo ad Avanguardia nazionale, sono arrivati dopo sentenze giudiziarie. Occorre una documentazione investigativa forte per imboccare una strada come questa. Ma le indagini ci sono. A qualcosa approderanno».
 
Nel caso del Movimento politico, negli anni Novanta, non si aspettò una sentenza, ci si appoggiò alla legge Mancino.
 
«Occorre evitare l’eterogenesi dei fini, e cioè che un provvedimento mal preso e poco solido possa essere ribaltato e produrre quindi un effetto contrario. La forza della democrazia è rispettare i principi di legge anche nei confronti dei suoi nemici ed è proprio ciò che la rende superiore a loro».
 
C’è stato un cedimento in questi anni nel sentimento antifascista?
 
«L’antifascismo va tenuto vivo non per pura conservazione, ma perché resta irrinunciabile per sfidare i cambiamenti necessari al Paese restando ancorati ai principi repubblicani».
 
Sarà sabato alla manifestazione antifascista indetta dal Pd a Como?
 
«Dovere di un ministro dell’Interno è un altro: garantire a tutti la possibilità di manifestare. Tranne a chi dichiara “guerra alle idee”».

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