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Oddati: sosteniamo Conte ma chiediamo riforme su Regioni e sanità

Subito l’erogazione delle risorse definite nel decreto di marzo. Poi un “contributo di solidarietà”, ma quando l’emergenza sarà finita. Massimo sostegno al governo Conte. Sì al Mes svincolato dalle condizioni preesistenti: “utilizzerei la quota che ci spetta per equiparare le prestazioni essenziali sanitarie”. Lo scontro Governo-Regioni? “Che in Lombardia più di qualcosa non abbia funzionato è evidente. Ma la questione non è tornare al centralismo, è avere un rapporto più equilibrato tra Stato e Regioni e attribuire allo Stato funzioni essenziali”. E la commissione Colao? “Deve avere una funzione scientifica e tecnica, è il modo migliore per influenzare la politica”. Parla Nicola Oddati, uomo di fiducia di Nicola Zingaretti, al quale il segretario Pd ha affidato il coordinamento dell’iniziativa politica del partito.

 

Il Pd sostiene un governo che non è ancora riuscito a far arrivare 600 euro nelle tasche dei destinatari. Delrio ha proposto una patrimoniale. È davvero la cosa migliore da fare adesso?

La cosa più urgente è quella di velocizzare l’erogazione delle risorse definite nel decreto di marzo. Per fortuna nei prossimi giorni queste risorse arriveranno sui conti, e nelle tasche, dei lavoratori italiani. Poi ci sono due esigenze fondamentali: rendere rapidi e meno discrezionali possibili da parte degli istituti di credito i finanziamenti concessi dal decreto di aprile sulla liquidità, perché le imprese italiane vanno prima tenute in vita, e poi messe in grado di ripartire.

 

E la seconda?

Occorre definire i nuovi aiuti del decreto ulteriore di aprile e procedure molto più rapide. Per me non è uno scandalo parlare di contributo di solidarietà, ma ci penseremo quando l’emergenza sarà finita e considerando che ci sono diversi modi. Il primo è quello di attuare realmente e fino in fondo l’articolo 53 della Costituzione.

 

È d’accordo o no con l’ordinanza Fontana che ha detto no all’apertura delle librerie fortemente voluta da Franceschini e Renzi?

È stato un segnale giusto, che condivido molto, quello che il ministro Franceschini ha voluto dare con la riapertura delle librerie: considerare la lettura e la cultura, al pari del cibo, un gemme essenziale e un’esigenza vitale. Poi le Regioni si regolino in base anche ai loro problemi e alle loro esigenze.

 

Zingaretti è uscito dalla malattia, ma c’è la sensazione che il silenzio verso il governo degli organi dirigenti del Pd continui ancora, come se ci fosse insofferenza verso “l’uomo solo al comando” Conte: meglio non rimanere coinvolti in un suo eventuale fallimento. È così?

Abbiamo fortemente sostenuto l’azione del governo e di chi lo guida. Mai una polemica, a differenza di altri alleati, da parte del Pd. Se abbiamo cose da dire, e ovviamente le abbiamo, lo facciamo nelle sedi opportune e nel modo giusto. Questo è lo stile del Pd guidato da Nicola Zingaretti.

 

Ovvero?

Un partito responsabile e serio, radicale nella determinazione e nei contenuti e garbato nei modi. È lo stesso metodo che abbiamo nel lavoro del partito: massimo coinvolgimento di tutti e non per corrente, ma per funzioni; ricerca della sintesi tra le posizioni, rispetto delle sedi e degli organismi.

 

Però le correnti ci sono: inutile negarlo.

Ma in questo modo la rigida separazione correntista diventi quasi ridicola e finalmente prevalgono le idee e l’apporto libero che ognuno può dare. Certo è più faticoso dell’uomo solo al comando, ma molto, molto, più produttivo.

 

Per tornare a Conte e al Governo?

In questi mesi abbiamo presentato un Piano per l’Italia dopo il seminario di Rieti, un documento denso di proposte per il decreto di marzo, uno ancora più denso per quello che si dovrà varare a giorni. Tutto questo con sette gruppi di lavoro e il contributo della segreteria, dei segretari regionali, dei gruppi parlamentari, dei membri del governo e degli amministratori locali. Cose limpide, alla luce del sole, senza sotterfugi.

 

Dunque il Pd appoggia ancora Conte in tutto il suo operato, politica economica e politica sanitaria pubblica sul coronavirus?

Sì. Lo facciamo così non perché siamo sdraiati o senza voce, ma perché nel complesso stiamo lavorando bene, innanzitutto i ministri del Pd con la guida di Franceschini.

 

Mes o coronabond: cosa chiede il Pd e perché?

Il Mes non c’è più nelle forme precedenti e così rigide e discutibili. Grazie al lavoro fatto da Gualtieri e Amendola le risorse del Mes sono svincolate dalle rigide condizioni imposte da quello strumento se utilizzate per la spesa sanitaria.

 

Come vorreste utilizzare queste risorse?

Personalmente, utilizzerei la quota che ci spetta per mettere mano ad un obiettivo storico: equiparare le prestazioni essenziali sanitarie. Ma su questo deciderà il Governo.

 

Le sue osservazioni sull’ultimo Eurogruppo?

Nell’accordo c’è quello che abbiamo chiesto: un fondo europeo per la rinascita finanziato con strumenti “innovativi”. Per noi lo strumento innovativo per finanziare il fondo sono gli eurobond. Se qualcuno ci spiega che si può fare altrimenti e ci convince…

 

Come commenta lo scarso favore di cui gode l’Ue in questa fase? La fiducia nell’Unione è crollata dal 42% di settembre scorso al 27% attuale.

Bisogna distinguere. Le istituzioni europee si sono mosse bene e anche con rapidità. La rimozione del vincolo del Patto di stabilità da parte della Commissione europea, le risorse per la liquidità creditizie messe a disposizione della Bce, il Sure per fronteggiare la disoccupazione. Diverso è il problema degli Stati europei.

 

Alcuni soprattutto.

È chiaro che la rigidità della Germania e l’ottusaggine del governo olandese danno complessivamente l’idea di una Europa ostile e con la testa rivolta all’indietro. Tuttavia da soli sarebbe peggio, sarebbe tutto più difficile. I singoli Stati sarebbero molto più deboli di fronte ad una crisi di tali proporzioni.

 

Cosa deve fare l’Unione Europea?

Deve capire il cambio di fase e scommettere tutto sulla rinascita, dei singoli Stati e dell’Europa intera. È l’unico modo per non andare in frantumi e anche per essere amata e accettata dall’opinione pubblica.

 

Nord e Sud: non pensa che sia eccessivo – come si sostiene da più parti, anche del suo partito – dare tutta la colpa di quello che non funziona al federalismo e all’autonomia delle Regioni?

Nessuno addossa la colpa solo alle Regioni. Che in Lombardia più di qualcosa non abbia funzionato è evidente. Che ci siano Regioni che si siano mosse meglio e altre peggio, altrettanto evidente. La questione non è tornare al centralismo statale e bocciare l’autonomia. La questione è avere un rapporto più equilibrato tra Stato e Regioni e attribuire allo Stato due funzioni essenziali.

 

Quali?

Investire sulla forza della sanità pubblica e sulla rete dei presidi territoriali, e lavorare perché ci sia parità di prestazione al massimo livello in tutto il territorio nazionale. Insomma non vogliamo sostituire alla sbornia regionalista quella statalista. Ma anche la sbornia regionalista è pur sempre un’ubriacatura.

Cosa si attende il Pd dalla commissione Colao?

Che si faccia un lavoro serio e scientificamente attendibile su come riaccendere i motori del Paese. Poi le scelte politiche spetteranno al Governo.

 

Come giudica i membri più in vista della commissione?

Mi sembrano tutti in vista e tutti competenti. La commissione deve avere una funzione scientifica e tecnica, non deve essere influenzata dalla politica. Al contrario la politica deve essere influenzata da quello che dice la commissione. Ma perché la politica sia influenzata in modo giusto e corretto, la commissione deve essere politicamente del tutto neutra.

 

In molti perderanno il lavoro, il Pil potrebbe precipitare a -10% e oltre. Quali proposte ha in mente il Pd?

Tante. Abbiamo consegnato al Governo un documento di 26 pagine che tocca tutti i settori: il lavoro dipendente, il lavoro autonomo, le imprese, le aree di disagio e vulnerabilità, le infrastrutture e le opere pubbliche, i trasporti e la logistica, l’agricoltura, il turismo, la cultura. E poi il Paese ha bisogna di compiere la sua rivoluzione digitale e quella ecologica. Soprattutto occorre sburocratizzare, semplificare e velocizzare.

 

Cosa ne pensa del “reddito universale” proposto da Papa Francesco?

Siamo d’accordo. Lo proponiamo nel testo, anzi è una proposta bandiera. Si tratta di evitare che milioni di persone cadano al di sotto della soglia di povertà, di ottenere i consumi, di sottrarre persone alla tentazione criminale. Certo si può immaginare un reddito universale come misura di transizione verso il lavoro e la formazione. E questo è sostenibile economicamente e socialmente se si mettono in campo politiche di sviluppo, per la crescita, per recuperare quello che abbiamo perso in questi mesi e porre le basi di una rinascita più generale. È questo il lavoro più affascinante per un partito democratico e progressista: immaginare il futuro e costruire le condizioni per la rinascita.

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